1. Attenzione alla storia di ogni singolo.

Prima di tutto ci sono persone, molto diverse da semplici macchine in cui copiare dei dati e molto diverse tra loro.
Ogni persona ha la propria storia, la propria famiglia, le proprie gioie, le proprie difficoltà, la propria intelligenza e carattere.
Chi lavora nella scuola incontra, dunque, prima una storia a cui prestare attenzione e cui avvicinarsi con delicatezza per capire come far crescere e maturare il bambino.
Vogliamo essere maestri più che docenti, allievi di quel Gesù che proprio così si faceva chiamare
Lui non ci ha insegnato dei concetti ma ha dato vita ad ogni aspetto della nostra esistenza.
Provando ogni giorno a non tradire la Sua missione, così cerchiamo di portare avanti la nostra.

2. Accoglienza dell’ambiente, comprensione verso le persone.

Ognuno si deve sentire accolto in tutto, a cominciare dall’ambiente che lo circonda.
Un notevole impegno viene impiegato per rendere gli ambienti scolastici dei luoghi belli, perché possano essere il primo segno di attenzione per chi ci entra.
Occorre che questa accoglienza sia poi manifestata attraverso la comprensione dimostrata verso la singolarità di ognuno.
L’educazione non può mai essere unidirezionale: il migliore maestro è quello, che entrando in aula, ogni volta è disposto a imparare. Impara dai suoi stessi alunni e solo così, li comprende davvero.

3. Educazione alla curiosità.

Non è sufficiente riuscire a insegnare cose belle e interessanti, ma occorre far sì che a ognuno venga la voglia di ampliare le proprie conoscenze, di scoprire, avere curiosità.
Questo sarà per i ragazzi l’unico modo di affrontare la vita in una maniera viva, attiva e coinvolgente.

4. Educazione alle solidarietà.

Nulla di tutto quello che si è imparato servirà a qualcosa, se non verrà finalizzato ad un unico obiettivo: il bene dell’altro.
Nella storia si sono spesso visti esempi di persone istruite, a volte addirittura geniali, usare il loro talento per distruggere e fare del male.
Tutto deve essere dunque appreso nell’orizzonte della solidarietà, dell’attenzione all’altro, di come le cose imparate possano fare diventare migliori e migliore ciò che ci circonda.

5. Apertura a diverse culture e religioni.

Proprio dallo spirito solidale nasce un atteggiamento di apertura e interesse per culture, lingue, tradizioni, religioni diverse dalle nostre.
Il bambino, maturato nella propria identità culturale e religiosa, è capace di guardare tutto ciò che la plurale società di oggi propone, con interesse, rispetto e comprensione e anche con un giusto spirito di giudizio critico.
In un territorio sempre più multietnico come quello in cui oggi abitiamo, questa capacità può fare la differenza per chiunque voglia costruire la futura convivenza di persone capaci di rispettarsi e amarsi.

6. Attenzione alle relazioni personali (scuola di umanità).

Rimane evidente che la solidarietà non si insegna, bensì la si mostra. In questo si è testimoni con la propria vita, il proprio stile, il proprio modo di fare.
Chiunque nella scuola, qualunque sia il suo incarico, testimonia la solidarietà nel modo con cui compie il proprio lavoro, nell’attenzione gentile e interessata alle persone con cui si imbatte.

7. Educazione alla bellezza in ogni sua forma.

Proprio attraverso la cura per ambienti e ad atteggiamenti belli, possiamo plasmare l’animo di bambini che diventano ragazzi e avranno voglia di cercare nel mondo la bellezza appresa.
Grazie alla bellezza, sceglieranno ogni volta la vita buona, quella che tende ad escludere il male e le brutture che si possono incontrare.

8. Attenzione alle esigenze e difficoltà delle famiglie.

Non si può poi pensare che la scuola coinvolga solamente gli studenti che ne sono i diretti destinatari. Nessun bambino esiste senza la famiglia che gli ha dato vita e ogni giorno si prende cura di lui.
Ogni famiglia ha la propria storia, le proprie gioie, i propri dolori, le proprie ferite o addirittura spaccature.
Fare scuola significa, dunque, avere uno sguardo attento al mondo famigliare di ognuno, cercare di incontrare le esigenze delle singole famiglie, ascoltarne le difficoltà e valutarne i suggerimenti; per quanto possibile, poi, fornire strumenti educativi che possano anche agevolare i genitori nel loro compito.

9. Riferimento buono per il territorio.

La rete delle relazioni che partono da un istituto scolastico si deve poi necessariamente allargare alla realtà in cui questo è inserito.
Ogni scuola è chiamata a scegliere come vivere i rapporti con il paese in cui risiede, con chi lo amministra, chi ci lavora, chi lo abita.
Ci proponiamo di creare un luogo che possa essere un buon riferimento per chi lo circonda, che si inserisca in questa rete di relazioni con un apporto positivo e costruttivo per la società.

10. Esempio di come si possa ancora “fare bene del bene”.

Nel preponderante scoraggiamento che accompagna questi anni di crisi economica e morale, è importante che il mondo dell’educazione tenga alto il valore del bene sempre possibile.
Come scuola cattolica abbiamo il dovere di mostrare il valore della speranza, virtù capace di dire anche oggi che il bene ancora si può perseguire, si può fare, e soprattutto si può fare bene.